Noi siamo quello che pensiamo

Noi siamo quello che pensiamo, sembra una banalità, l'ho sempre sospettato, ma oggi mi è molto più reale, osservando quello che mi succede intorno e le persone con cui interagisco ne ho la certezza. Ho scoperto l'acqua calda? Forse, ma la condivido ugualmente con voi.

"Il nostro cervello è un dispositivo quantistico e da qualche parte, al di sotto del livello dei cinque sensi, noi siamo una forza creativa. Il tempo è nostra responsabilità. Lo spazio ha bisogno di noi, non per esistere in sé, ma per esistere nella nostra realtà". -Chopra Tanzi- 

Lo scrivono i due autori del libro che ho appena terminato, io ci ho aggiunto, in un commento che ho postato su fb: "Quindi: dominare il tempo si può e noi siamo quello che pensiamo".

Osserva, guardati in giro: ci sono persone che alla minima difficoltà fanno delle tragedie, al primo taglietto sono convinte di aver contratto il tetano. Sono dei fuscelli sbatacchiati furiosamente da tutte le brezze che la vita gli fa vivere.

Sono generalmente, sarà un caso, le persone più soggette ad ammalarsi o ad avere bisogno di cure.

Ci sono persone invece che sembra siano scolpite nella pietra, non si perdono d'animo, cadono, si rialzano, hanno progetti e continuano a sognare, si fanno un taglio e confidano che guarirà presto, subiscono un danno e l'annoverano nell'archivio delle esperienze vissute.

Sono generalmente, sarà un caso, le persone più sane e vitali.

E' vero che tutti noi subiamo degli imprinting in tenera età, che ci segnano e giocoforza influiscono sulla nostra crescita, sulla nostra educazione, sul nostro futuro: abusi, violenze, traumi, lutti e malattie se visti o subiti in tenera età sicuramente non aiutano, un infanzia felice ci fa partire avvantaggiati, ma non garantisce un futuro sereno.

E' anche vero però che ci sono persone che non hanno subito nessuna tragedia in età infantile e che a trent'anni sono più vecchie di mio nonno pirata con una gamba sola. Ci sono persone che stanno navigando allegramente in quella che una volta si definiva "la terza età" e sono vispi e arzilli come dei grilli con progetti e un mondo ancora da esplorare.

Come si spiega questa cosa? Non sono uno scienziato, non sono un erudito, ma, secondo me, si spiega solo con l'atteggiamento che abbiamo nei confronti della vita.

Si spiega con l'attitudine a sviluppare la resilienza che non arriva da sola e non è innata. L'attitudine va allenata, il bicchiere non è mezzo pieno perchè sei uno stupido ottimista.

Il bicchiere è mezzo pieno perchè sai che è meglio vederlo mezzo pieno, aiuta a trovare soluzioni, lo sai perchè lo hai provato sulla tua pelle: allenamento. Un bicchiere mezzo vuoto è triste, fa presagire la fine.

Ma come si allena la resilienza? Non è che si può andare in palestra a farlo e non si può nemmeno andare dal droghiere e ordinarne un chilo, un chilo e mezzo.

Non ho risposte sagge o giuste da dare però, secondo me la resilienza si allena gioendo dei piccoli risultati che ottieni. Un passo fatto in più, una pagina letta in più, una procedura imparata meglio, un piccolo problema risolto, una soluzione a cui non avevi pensato che si manifesta improvvisamente.

Gioire, gioire, gioire di queste cose. Per qualcuno saranno stupidaggini, qualcuno magari è così stupido e gretto da dirti: "Mbè, cosa vuoi che sia, perchè gioisci per una cosa così piccola?". Lo so, c'è qualcuno che si è comportato così con te, come con me, lo so che c'è o c'è stato, tranquillo capita a tutti noi di avere persone così intorno.

Se qualcuno si comporta così con te, mandalo a stendere, rumorosamente se puoi, silenziosamente se non puoi e continua a gioire per il tuo piccolo risultato conquistato: è un mattone della tua capacità di acquisire resilienza.

Un sorriso, un film, una gita, un sei nel compito di matematica per il quale hai sputato sangue, una corsa a perdifiato o una giornata passata a guardare crescere l'erba. Un bravo dettoti da una persona a cui tieni, un grazie che non ti aspetti. Sono tutte cose di cui gioire, sono tutte cose che aiutano a sviluppare resilienza: mettile da parte, non archiviarle come "stupidaggini",  ti verranno buone nei momenti di difficoltà

La resilienza, indipendentemente dalle nostre esperienze pregresse, la sviluppiamo se ci convinciamo che noi siamo quello che pensiamo. Il cervello è razionale e trova tutte le giustificazioni per non farci fare le cose, per farci uniformare, per tenerci tranquilli, per proteggere la macchina da usi fuori standard.

Il cervello non vuole problemi, è un computer perfetto che funziona secondo dei codici programmati: non ha un'anima, non si eccita, non si intristisce, non gode.

Fa il suo lavoro e lo fa in modo perfetto. E' la mente che deve governare il cervello, non può essere il contrario altrimenti ci troveremmo a vivere grige esistenze fatte per non crescere mai, fatte solo per mantenere la macchina efficiente e al sicuro.

La mente guida il cervello. Tutte le persone che hanno fatto la differenza avevano grandi menti, non grandi cervelli. I cervelli sono tutti più o meno uguali un chilo e tre, un chilo e quattro di roba, deputata a fare funzionare la macchina, niente di strano. I cervelli dei geni e dei grandi uomini sono uguali ai nostri, non è quindi il cervello a fare la differenza. 

Il cervello ha delle potenzialità incredibili, questo lo sappiamo, ce lo dicono da tanto tempo, ci sono professoroni e scienziati che lo studiano da decenni. Il cervello però se non viene allenato rimane lì, pigro e ampiamente al di sotto delle sue potenzialità, ma chi lo allena questo benedetto cervello se non noi e quello che pensiamo della vita?

Usiamolo al meglio questo chilozzo di materia grigia, allenandolo a vedere le opportunità, a valutare i nostri grandi progetti, ad aiutarci a realizzare quello che la nostra mente è in grado di sognare.

Il mantra di questo post è: mentecervellomentecervello

Per oggi è tutto.

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